Stagionalità: a qualcuno piace “Corta”

Ci disperiamo da molti anni a raccontarci che la stagionalità è “la” più grave debolezza del sistema turistico.
Ci lamentiamo che l’indecente brevità dell’estate turistica penalizza non solo il settore delle vacanze in senso stretto, ma ha gravi implicazioni su sistema dei trasporti, occupazione, sistema dell’agroalimentare, artigianato e servizi.
Ci sforziamo di teorizzare quanto PIL ci costa questa maledetta stagione breve.
Ci lanciamo in ardite analisi di ipotetici e grandiosi processi di destagionalizzazione.
Insomma tutti d’accordo sul combattere questo male atavico e odiosissimo.
E invece, ci ritroviamo ogni anno a verificare – dati alla mano – che la stagionalità anziché diminuire, aumenta.

Davvero strano. Allora questi giorni, dopo aver messo in fila 3 eventi che ora vi dico, mi è venuto un terribile sospetto: ma siamo sicuri che ci sia qualcuno che DAVVERO voglia che la stagionalità finisca?

Episodio 1: sabato 13 settembre Videolina denunciava che a Porto Rotondo molti negozi hanno già chiuso le serrande; qualcuno le ha chiuse addirittura dal 1 settembre.

Episodio 2: oggi un amico mi raccontava di aver cercato di prenotare dopo il 20 settembre alcuni grandi hotel della Starwood in Costa Smeralda: niente da fare, saranno già chiusi;

Episodio 3: alle 18.00 di domenica 14 settembre,  in una delle spiagge più belle della costa orientale ho fatto fatica a prendere una lemonsoda perché stavano smontando tutto: per loro stagione finita.

Settembre, invece, dal punto di vista dei flussi turistici vale esattamente quanto Giugno, cioè circa il 70% di Luglio. Niente male insomma, ma allora perché rinunciarvi?
Possiamo ridurre la stagione turistica esclusivamente a Luglio ed Agosto? Cosa dovrebbero fare i turisti ad aprile, maggio ed ottobre? Né vi sono scusanti dal punto di vista climatico: negli ultimi  week-end c’erano 30 gradi, il tempo è ancora favoloso.

Ma nel chiederci perché questo avvenga dobbiamo anche interrogarci se vi siano strumenti normativi o legislativi che possano aiutarci. Nel caso del commercio tradizionale (negozi ed hotel) non vi sono purtroppo vincoli minimi per le aperture stagionali e, salvo per le nuove autorizzazioni, si potrebbe intervenire solo con strumenti legislativi nuovi. Al contrario, per le concessioni su terreno demaniale, come quelle sulle spiagge, il discorso è diverso, possiamo imporre l’allungamento della stagione.
Ebbene, non lo facciamo affatto. La situazione è talmente paradossale che è la R.A.S. ad auto-limitarsi certificando la brevità della stagione. Infatti nell’Ordinanza Balneare 2014 dell’Assessorato degli Enti Locali, Finanze ed Urbanistica  si legge all’Art. 1 che “ I concessionari, nell’arco della stagione balneare devono comunque garantire l’apertura delle strutture e l’esercizio dell’attività oggetto della concessione nel periodo dal 15 giugno al 15 settembre, con orario dalle 8,00 alle 19,30”.

Insomma, proprio dove sarebbe utile chiedere agli operatori uno sforzo decisivo per allungare la stagione, riusciamo invece a ridurla con una specifica, discutibilissima Ordinanza ufficiale.
Sorgono spontanee e inevitabili altre domande:
1) Ma perché queste ordinanze fondamentali ai fini della ottimale pianificazione dei flussi turistici non vengono emesse e gestite dall’Assessorato al Turismo, che avrebbe più titolo e maggiore sensibilità sul tema?
2) Oltre ad un magnifico elenco di cose che si possono e non si possono fare, c’è qualcuno che effettua regolari controlli, magari da raccogliere in uno specifico registro? Ad esempio la disposizione “E’ sempre vietata la sosta e/o l’occupazione, ancorché temporanea, il calpestio delle dune e della relativa vegetazione” ha mai trovato applicazione ad esempio a Capo Comino?
3) Perché se le giornate al mare si concludono al tramonto, l’orario di apertura dei servizi offerti dai concessionari finisce alle 19.30?

Si tratta quindi, a ben vedere, di (mancate) programmazioni delle attività che vengono da lontano.
E’ abbastanza normale che vi sia una fascia di imprenditori che, concentrandosi solo all’alta stagione, puntino a massimizzare i profitti riducendo i rischi,  per poi, appena si registra un minimo di calo dei flussi, ritirarsi in buon ordine per mettere al sicuro la cassa; è però meno normale che la Regione Sardegna non sia parte attiva nel favorire e orientare fattivamente i processi di destagionalizzazione.
Insomma, almeno smettiamo di raccontarci palle: la stagione corta la vogliamo noi.

Lucio

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