Cercando un pentagramma turistico

L’homo sapiens ha scoperto il linguaggio molto prima della scrittura e, allo stesso modo, ha cominciato a fare musica molto prima di riuscire a trovare un modo per poterla trascrivere e tramandare.
Se immaginassimo di trovarci di fronte al testo di “Nel blu dipinto di blu” di Modugno/Migliacci supponendo che non esista lo spartito, come ci accade leggendo i Cori dell’antica Grecia, saremmo costretti ad inventare ogni volta una melodia nuova e ciascuno di noi ne farebbe una sua personalissima versione, con molta probabilità molto inferiore all’originale.
Il percorso evolutivo dell’Homo Oeconomicus Turisticus Sardiniensis potrebbe somigliare per certi versi al processo di elaborazione del pentagramma.
Vi è stato un tempo, non breve  nella storia del management turistico sardo, nel quale si sono identificate le note di base, i principali accordi e si sono anche suonate, accanto a banali filastrocche, melodie di discreto successo.
Si è suonata “musica d’azienda” in piena libertà creativa, senza troppi vincoli o pensieri, in maniera estemporanea, facendosi guidare dal puro istinto e, agli albori della sedicente industria turistica, soprattutto senza troppi vincoli normativi.
Un ambiente vergine e deregolamentato, talvolta addirittura anarchico-monopolistico, dove si sono sviluppati anche talenti naturali e intelligenze superiori, le quali hanno costruito a volte grandi fortune, altre grandi illusioni.  Poi, un po’ per la naturale esigenza di sistematizzazione del sapere e un po’ per necessità, si è giunti a identificare e approfondire i principali pilastri del management turistico.
L’ Homo Oeconomicus Turisticus Sardiniensis  ha cominciato quindi a studiare sui sacri testi del management come un direttore d’orchestra/manager potesse guidare una squadra al successo: quali note dovesse suonare in prevalenza, con quale intensità e quanto duramente dovessero essere allenati gli orchestrali. Il tutto in un ambiente sempre più difficile, con molti strumenti da scegliere e provare a suonare, e senza sapere se quella scelta potesse rappresentare la musica giusta.L’estemporaneità del comparto ha sempre evidenziato la mancanza di una piattaforma interpretativa scientifica; la sedicente natura “speciale” delle scienze sociali, quali l’economia e quindi, a valle, il marketing turistico, ha sempre impedito il progredire di analisi volte a organizzare e razionalizzare le conoscenze dentro strutture normalizzatrici, diciamo pure “pentagrammi”, che potessero rappresentare elementi oggettivi di standardizzazione, lettura e valutazione.

Come avvenuto per la parola o per la musica, l’ Homo Oeconomicus Turisticus Sardiniensis  ha cominciato a fare impresa molto prima di conoscere la contabilità, il controllo di gestione, il marketing, la qualità totale, ecc.
Ha suonato le note aziendali di base, inizialmente con strumenti artigianali fatti in casa, poi, col tempo, ha affinato il tiro e scoperto universi nuovi, affascinanti e in certa misura sconfinati.
Almeno fino a quando si è dovuto confrontare con mercati altamente concorrenziali, dove l’arrivo della competizione ha portato con sé le prime crisi, le ristrutturazioni, il re-engineering dei processi: in una parola la complessità aziendale.La domanda di “musica aziendale turistica” è diventata infatti dannatamente sofisticata: cambiano velocemente i canali di vendita ed il pubblico appare sempre più esigente. Anche se le note sembrano essere sempre le solite sette, è diventato sempre più difficile suonare hit di successo.
L’ingresso in campo di strumenti nuovi, più tecnologici e la re-ingegnerizzazione di strumenti vecchi con l’ausilio di tecniche nuove, sconvolge il metronomo e porta a battere i tempi inauditi e rivoluzionari della new economy e del Turismo 2.0.
La Sardegna purtroppo da lungo tempo non suona una sinfonia ammaliante.  La nostra storia turistica recente è un gran fracasso. Fanfare o grandi bande, filarmoniche o sedicenti artisti che suonano solo cover; artisti da strada, aspiranti direttori d’orchestra, semplici orchestrali, compositori, cantautori folk o cori polifonici.Un gran caos.
Componimenti aziendali di nicchia che stentano a diventare musica apprezzabile: troppi generi e tanto free jazz.
Le improvvisazioni creative vanno ancora oggi per la maggiore e i casi di successo sono pochi: isole felici nell’isola stagionalmente infelice del turismo.
Forse cerchiamo disperatamente ma senza saperlo una sorta di pentagramma sul quale sistematizzare il sapere turistico aziendale, valorizzarne i componenti di pregio, rendere misurabili i fenomeni e costruire un sistema che abbia spalle larghe e possa provare a rendersi indipendente da fattori esogeni.
Siamo coscienti che per fare “musica turistica” non basta accontentarsi di strimpellare e magari azzeccare un singolo fortunato pezzo.
E’ necessario strutturare molte band (i turismi) con le giuste competenze per costruire molte sinfonie che abbiano una coerenza di fondo e che ci conducano verso l’affermazione di una identità nostra, riconoscibile e vendibile.
Turismo colto, Turismo tradizionale, Turismo jazz e Turismo pop che dialoghino finalmente insieme è l’auspicio per l’anno che verrà. E se un pentagramma non è proprio dietro l’angolo, cominciamo almeno ad ascoltarci gli uni con gli altri ed a metterci d’accordo per scrivere (e comunicare) insieme il programma turistico della prossima stagione.Buon ascolto a tutti noi.

Lucio

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