Tra le figure mitologiche delle credenze popolari della Sardegna, accanto alle Janas, Maria Pettena, e all’Accabadora – in assenza di Ippogrifi, Chimere, Cerberi e Leviatani – trova il suo posto d’onore la figura leggendaria, altrettanto inquietante, della Stagionalità.
Questo mostro (pare prevalentemente marino) di multiforme ingegno è, però, senza volto e riesce di volta in volta a sorprenderci, ad indignarci e inquietarci con inusitati prodigi di agilità mediatica. Appare e scompare, infatti, con la rapidità e l’astuzia del Mostro di Lockness, con il solo obiettivo di creare un po’ di gioioso scompiglio nei convegni turistici e negli scritti di qualche frettoloso e annoiato giornalista.
Qualcuno dice di aver scorto Stagionalità crogiolarsi ai primi soli in Gallura, altri spergiurano di averla intravista in attesa di un volo Ryanair in ritardo. Altri ancora sostengono sia possibile sorprendere questa creatura fantastica a pascolare con noncuranza, immutabile dopo anni di pervicace copia e incolla, anche nei rapporti ufficiali di blasonati centri di ricerca.
Non ultimo, pare non sia raro vederla sfrecciare – ospite graditissima ma inafferrabile – di tostissimi dibattiti televisivi per pochi eletti, che finiscono più a tarallucci e vino che all’arma bianca, come invece promesso.
Stagionalità è anche l’epica protagonista di una fiaba un po’ lisa, Quella che passa di bocca in bocca – dal politico piagnone sino al cronista facilone – brandeggiata come una minacciosa durlindana per tentare di mozzare teste di oppositori politici e alacremente impegnata a sciogliere, alla moda di Carlo Magno, gli atavici nodi gordiani di una macchina turistica in panne da lustri.
Ma ha anche le sembianze di una agile arpia che cavalca la schiena curva di un preistorico Spinosaurus, con la gobba sul caldo di agosto e le estremità declinanti nel freddo dell’inverno; lì a burlarsi di quanto siamo belli d’estate e turisticamente invisibili nelle altre stagioni.
Stagionalità è poi la megèra maledetta che si specchia vanesia – alla moda di Dorian Grey – in un maledetto affresco di turismo bucolico e che non intende affatto invecchiare, sempre seducente ed uguale a se stessa. Da trent’anni sulla bocca di tutti, odiata e maledetta ma oramai talmente parte del nostro quotidiano che, in preda ad una sorta di Sindrome di Stoccolma in salsa Turistica, ce ne siamo un po’ invaghiti.
Ma ora non è tempo di odio. Nel culmine del picco di flusso turistico, Stagionalità ha le sembianze di una maggiorata biondona teutonica, che di notte si traveste da cicala, ascolta musica nei festival del jazz e fa la bella vitasotto i riflettori e le luci della ribalta, insieme a veline, paparazzi e residuati bellici del sedicente jet set.
Di giorno sbuffa, di spazientisce e diventa nervosa per l’affollamento di spiagge, strade e parcheggi. Mostra malcelata insofferenza per la ressa nei centri commerciali, per i prezzi per turisti di prodotti e servizi, per il chiasso delle discoteche e per le file al rientro dal mare. Fatica a sopportare quelli che ti si appiccicano all’asciugamano, che lasciano l’ombrellone in spiaggia, che parlano diverso.
E’ la meteoropatica dea Greca, nume tutelare del turismo balneare, pronta a trasformarci tutti in esseri bipolari, costretti a inscenare accorate proteste, a denunciare la sorte matrigna e a lanciare urla di dolore, appena si parlerà dei bilanci turistici che prendano in considerazione un orizzonte appena un po’ più lungo dell’estate.
Stagionalità festeggia ai Candelieri e al Redentore, poi, con i primi freschi di settembre mette giù la maschera e ridiventa acida e intrattabile. Tira giù serrande e licenzia gli stagionali, cominciando a fare la difficile. Riesce a dilapidare in poche settimane tutto il bello che aveva costruito nei mesi precedenti e torna ad essere la fata bugiarda che tormenta i sonni dei nostri mesi più freddi, aggirandosi minacciosa e gelida, come il maestrale di novembre, nelle ghost town del turismo estivo, vuote cattedrali in letargo forzato.
È lì che Stagionalità attenderá con trepidazione il ritorno del principe azzurro del turismo, in un ben noto rito cadenzato di pazienza, speranza, fiducia e rassegnazione, che si ripete sempiterno come le quattro stagioni.
E il principe azzurro del turismo puntualmente arriverà anche questo altro anno.
Le concederà qualche settimana di intensa passione, faranno coppia fissa e saranno felici da morire, poi puntualmente di dileguerà lasciando un buon profumo di nostalgia.
Stagionalità piangerà in silenzio sulla spalla dello Stato Sociale. Ma solo per un poco, ad essere sedotta e abbandonata ci ha fatto l’abitudine.
Adiosu
Lucio