Turismi da incubo #19: l’educazione turistica

D’estate c’era il mare,
una cosa azzurra e lontana
che esisteva solo per alcuni mesi,
poi cessava di avere qualunque realtà.

Diario di una maestrina. Maria Giacobbe 1957  

A volte leggere il passato può aiutarci a sognare un futuro diverso. Maria Giacobbe potrebbe riscrivere oggi, dopo sessant’anni, lo stesso folgorante periodo e colpire ancora nel segno. Sociologi ed economisti continuano infatti a studiare la modernizzazione dell’isola, facendo fatica a spiegare il perché ancora oggi la Sardegna abbia un rapporto di odio-amore con il turismo.

Le trasformazioni sociali e morfologiche sono evidenti come altrettanto evidente è il fatto che  si siano sviluppate con una programmazione debole, efficace, in alcuni casi del tutto assente.
Quella degli ultimi 50 anni è stata generalmente più eterodiretta che pensata da intelligenze locali, soprattutto per le evidenti carenze nella cultura manageriale che non ha mai considerato il turismo come una vera risorsa per l’isola.

Conseguentemente, gli interventi sono stati frutto più di speculazioni, che di intuizioni funzionali ad una crescita sostenibile che costruisse un vantaggio competitivo di conoscenze.

Venuta su a macchia di leopardo, congestionando intere porzioni di territorio e ignorandone altre, che povere erano e povere sono restate.

Poco è cambiato nella cultura turistica..

Il mare è sempre quello di Maria Giacobbe, forse anche più azzurro. Solo qualche tinta Smeraldina al nord est.  Seguita a restare un piacevolissimo divertimento, lontano e dannatamente stagionale. Non si è mai integrato appieno nella cultura Sarda, la quale non riesce proprio a convincersi di essere  davvero una regione a spiccata vocazione turistica.

Al contrario, appare una terra che per molti mesi dell’anno è in preda a una forte “amnesia turistica”.  Dimentica di possedere un ricco patrimonio turistico e cade in un lungo letargo detto con religioso pudore, stagionalità.

Non che cambiare le cose sia un compito facile.
Il turismo è un multiforme intreccio di sotto-sistemi collegati come vasi comunicanti, dove ciascuno ha un equilibrio che influenza l’equilibrio generale. Una struttura con interdipendenze  reciproche, cioè nella quale il successo di un sotto-sistema determina anche la percezione positiva del sotto-sistema parallelo. Ma anche interdipendenze sequenziali, cioè poste in una linea temporale continua nella quale il sottosistema a) è propedeutico alla positiva fruizione del sottosistema b).

Insomma un sistema di sistemi dove non è facile capire da dove cominciare perché la  percezione della destinazione è il risultato di un complicatissimo algoritmo, il cui risultato rappresenta il successo o l’insuccesso delle strategie turistiche.

Se guardiamo all’attuale scenario, non c’è da stare molto sereni. Antonio Galdo nel suo libro “Ultimi”, evidenzia come nella “capacità di attrazione turistica” l’Italia ha perso 17 posizioni in 10 anni; inoltre per “qualità e competitività dell’industria turistica” siamo al 123esimo posto.

Ma nella ricetta turistica ideale c’è un qualche lievito in grado di agire da catalizzatore per dare sostanza e struttura ad una piattaforma così complessa?

Un aiuto può venire dalla Commissione Europea. C’è un tasto sul quale batte da anni con continuità: si chiama Educazione. Una serie di studi importanti rilevano come sia importante ripensare l’educazione per ottenere migliori risultati socio-economici e riaccendere lo spirito imprenditoriale partendo dalla scuola (Rethinking education: Investing in skills for better socio-economic outcomes e Reigniting the entrepreneurial spirit  in Europe – Action Plan 2020).

Da questo punto si può quindi partire. L’educazione come propulsore privilegiato della crescita e indispensabile per mettere in moto dalle fondamenta le migliori energie.

Dovremmo avere un grande obiettivo: credere nell’istruzione, nella formazione e trovare  fondi cospicui da dedicargli. Costruire programmi nuovi per le scuole e rifondare da zero facoltà universitarie eccellenti, chiamando i migliori docenti  e attiriamo i migliori esperti, i manager più qualificati che abbiano sviluppato modelli di successo. E diventiamo il riferimento internazionale della ricerca turistica, dell’alta formazione, dei master.

Creando educazione per il turismo getteremo le basi per favorire idee e imprenditorialità turistica.

E’ la sola strada per  rifondare il sistema, sperando che nel medio periodo possa davvero migliorare il suo apporto al PIL e riconsegnarci delle prospettive di occupazione e di sviluppo che altrimenti difficilmente potranno esservi con altri settori.

Non basteranno gli sforzi che si concentrino solo sulla accessibilità turistica – i casi della Continuità territoriale o di Ryanair lo dimostrano –  servono interventi strutturali.

Bisogna educare al sapere, al territorio, alle tradizioni, alle lingue, a internet, all’imprenditoria.

Prima nelle scuole superiori e poi nelle università.

Non bastano le facoltà turistiche gemmate da Cagliari e Sassari, sono un buon inizio, ma restano figlie di un dio minore e sorellastre povere di altre discipline. Va fatto uno sforzo deciso di ripensamento in toto, a favore di una cultura del turismo che sviluppi il suo pieno potenziale.
I nostri giovani e le nostre imprese si troveranno in tasca le batterie per alimentare qualsiasi dispositivo turistico.  E da questa fonte di energia non potrà che nascere una imprenditoria più forte e più innovativa .

In modo che possiamo finalmente dire a Maria Giacobbe che il mare ha cominciato ad avere una realtà anche fuori da quei soliti mesi.

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